D-STAR

 D-STAR:  xlx.iz3mez.it/
 

Questo documento ha lo scopo di aiutare i radioamatori che si avvicinano al sistema D‐STAR e vogliono comprenderne meglio il funzionamento.i è cercato inoltre di riere qui alcu

Questo documento ha lo scopo di aiutare i radioamatori che si avvicinano al sistema D‐STAR e vogliono comprenderne meglio il funzionamento. Si è cercato inoltre di raccogliere qui alcune delle informazioni che sono reperibili frammentariamente in rete sull’argomento. L a trattazione di materia molto complesse come le tecniche digitali e l’elaborazione numerica dei segnali è stata molto semplificata e non ha la pretesa di essere esaustiva e precisa, ma solo di dare un’idea di massima a chi si avvicina per la prima volta a queste argomentazioni. Aggiornamenti e correzioni del presente documento verranno distribuiti quando necessario e con l’introduzione di novità di rilievo nella sperimentazione D‐STAR. Tutti i marchi eventualmente citati nel presente documento sono di proprietà delle rispettive aziende e coperti da Copyright.

Come è nato il DSTAR

Il D‐STAR, acronimo di “Digital Smart Technologies for Amateur Radio” nasce da una ricerca del governo giapponese portata avanti dai radioamatori della JARL (The Japan Amateur Radio League) su come le emergenti tecnologie digitali potessero essere utilizzate con successo anche tra i radioamatori. Il risultato di questa ricerca iniziata nel 1999 viene alla luce nel 2001 con la pubblicazione delle specifiche del sistema. ICOM® è la prima casa costruttrice a decidere di utilizzare queste specifiche per lanciare sul mercato una linea di prodotti commerciali D‐STAR destinati ai radioamatori.

Le prerogative del sistema D‐STAR si possono riassumere come segue:

1. Modulazione e codifica digitali con buona protezione dagli errori ed interessanti prestazioni anche con segnali deboli o affetti da fading (uso mobile e portatile) 2. Larghezza di canale contenuta 3. Trasmissione simultanea della voce e di dati a bassa velocità (ad esempio dati di posizione dal GPS, messaggi di testo, telemetria, etc…) nella modalità detta DV 4. Trasmissione di dati ad alta velocità (128 Kb/s) nella modalità chiamata DD e fruibile soltanto in gamma 1200 MHz 5. Possibilità di utilizzare ripetitori “intelligenti” interconnessi tra loro in tutto il mondo

Digitale contro analogico, ma come funziona?

Come sappiamo in un sistema analogico la frequenza portante viene modulata (variando frequenza, fase o ampiezza) dal segnale in banda base, ovvero dall’informazione che vogliamo trasmettere. Ormai tutti abbiamo una certa familiarità con questo tipo di tecnologia e ne conosciamo pregi e difetti. In un generico sistema digitale l’informazione da trasmettere (tipicamente la nostra voce) viene campionata, questo significa che ad intervalli di tempo regolari (a frequenza pari ad almeno il doppio della massima frequenza che intendiamo trasmettere) ne viene letto il valore istantaneo. Ecco che abbiamo fatto il primo “salto” nel digitale, ovvero abbiamo per così dire trasformato la nostra informazione analogica e variabile con continuità nel tempo in una serie di... numeri! I numeri di cui sopra possono assumere infiniti valori, ma noi abbiamo bisogno di limitare questo insieme per giungere ad un numero finito di bit con cui andremo a codificare e trasmettere l’informazione. Per far questo viene definito innanzitutto un minimo ed un massimo e di conseguenza una serie di valori finiti intermedi. Il valore campionato viene quindi fatto coincidere con il valore finito più prossimo, ovvero facciamo un’approssimazione. Questa operazione viene detta quantizzazione.

Ora disponiamo del nostro segnale in banda base tradotto in una serie finita di valori numerici. Ad esempio se utilizzassimo 8 bit i valori che può assumere ogni campione sarebbero 256, in binario da 00000000 a 11111111. Tutto questo ci permette adesso di “manipolare” questi numeri prima della trasmissione vera e propria utilizzando diversi algoritmi e metodi matematici con due scopi principali:

1. Proteggere l’informazione dagli errori che inevitabilmente dopo la trasmissione ci potranno essere a causa di fading, riflessioni, etc... e far sì che il ricevitore possa poi correggere efficacemente questi errori applicando un’operazione inversa. Quello che in analogico percepiamo come fruscio, rumore, distorsione, etc… in questo caso si tradurrebbe al ricevitore come un “numero sbagliato” o nel peggiore dei casi mai ricevuto! 2. Aumentare l’efficienza del sistema, utilizzando ad esempio metodi di compressione, ovvero trasmettere l’informazione desiderata occupando meno banda possibile. Qualcosa di simile a quello che succede con l’audio degli MP3 che tutti conosciamo!

Questa nostra informazione ora può essere incapsulata in quello che è il protocollo di trasmissione! Ovvero di quello standard che definisce e si occupa nello specifico con ulteriori dati aggiuntivi di gestire come avviene lo scambio di informazioni tra le diverse stazioni. Ad esempio nel caso del D‐STAR vengono aggiunti dati come il nostro nominativo, quello del corrispondente, del ripetitore che intendiamo usare, etc... Ecco che siamo pronti ad effettuare la trasmissione vera e propria ovvero a modulare la nostra frequenza portante per trasmettere quella serie di numeri 1 e 0 che i procedimenti sopra descritti hanno prodotto! Così come in analogico abbiamo diversi tipi di modulazione (AM, FM, SSB, etc…) così per il digitale ancor di più esistono alcune varianti pensate appositamente per migliorare l’efficienza di una trasmissione numerica. Tra le più semplici modulazioni digitali c’è l’FSK (Frequency Shift Keying) dove i due valori 0/1 da trasmettere vengono fatti coincidere con due frequenze note a cui viene fatta variare la portante. Ecco, questa è praticamente quella che tutti meglio conosciamo perché utilizzata per il packet radio ed in APRS! Per la precisione in packet radio a basse velocità (1200 bps), viene utilizzata l’ancor più semplice AFSK (Audio Frequency Shift Keying), dove la modulazione dei due toni avviene direttamente in banda base.

Il digitale del DSTAR

Ora che forse abbiamo più chiaro cosa significhi trasmettere in digitale possiamo cercare di capire come avviene tutto questo un po’ più nello specifico nel sistema D‐STAR. Il codificatore vocale Partiamo dalla codifica della voce, ovvero da quella operazione di compressione accennata in precedenza. Questa parte è quella forse più controversa del sistema per il semplice fatto che è stata scelta una soluzione sicuramente valida, ma… commerciale, proprietaria e di cui ovviamente non sono disponibili i sorgenti. E’ stato scelto l’algoritmo di compressione Advanced Multi‐Band Excitation (AMBE) della Digital Voice Systems, Inc. ( https://www.dvsinc.com/ ) Nelle radio D‐STAR c’è un chip AMBE 2020© a cui vengono inviati i dati che escono dal convertitore Analogico/Digitale, il quale effettua sostanzialmente le operazioni di campionamento/quantizzazione a 16 bit.

Il chip AMBE2020 ®

Quello che ne esce è un flusso di dati a 3600 bit per secondo. Chi fino ad ora ha provato ad utilizzare una radio D‐STAR si sarà reso conto che la percezione della voce non è proprio uguale all’analogico. Anzi, molti si sono stupiti del fatto che in digitale la qualità e la fedeltà della voce sembra essere inferiore, introducendo proprio un fastidioso effetto di compressione. Tutto ciò è dovuto anche ad una scelta nello standard che può essere condivisibile o meno. La voce si sarebbe ad esempio potuta codificare ad un bitrate più elevato ovvero introducendo meno compressione e migliorare probabilmente la qualità percepita, ma al prezzo di dover allargare la banda occupata. Oggi il D‐STAR vanta un canale di soli 6.25KHz ed una deviazione di circa 2KHz (contro i 5KHz di deviazione e 25KHz di canale occupato dell’FM analogico che usiamo normalmente), modulando la portante con un flusso di dati a 4800 bit per secondo. 3600 bps della codifica vocale + 1200 bps dei dati associati a bassa velocità e protocollo. Da notare che i 3600 bps della codifica vocale sono comprensivi dei bit aggiunti per la correzione d’errore (Forward Error Correction) usata dal chip. La voce vera e propria viene quindi codificata a soli 2400 bps.